Museo/Monumento

Il Santuario di Poggio dell'Aquila

Descrizione
Dalla collina di Poggio dell'Aquila giunsero nel 1894 sul mercato antiquario di Siracusa alcuni lotti di terrecotte votive rinvenute, nel corso di lavori di miglioria agricola, all'interno di ingrottature usate in antico come depositi votivi (favisse). Nel 1895 Paolo Orsi effettuò sul colle una campagna di scavi che, pur non restituendo tracce di edifici gli consentirono tuttavia di mettere in luce, all'interno di una fossa scavata e protetta da pietre, una grande statua di divinità seduta, dalle fattezze grossolane, opera probabilmente di artigiani locali e databile alla seconda metà del VI secolo a.C.; egli ipotizzò che potesse trattarsi della statua di culto di un santuario a struttura lignea ma con copertura di elementi fittili per il rinvenimento di una sima di rivestimento (terracotta architettonica). Il materiale votivo portato alla luce in grande quantità, comprendeva maschere femminili, statuette sedute, statuette stanti con vari attributi (fiore di loto, fiaccola e porcellino), busti, qualche raro esemplare di recumbente (figura sdraiata) e di kourotrophos (statuetta con bambino in braccio o sulla spalla) ed alcune paterette di bronzo. Il santuario si data in un arco di tempo che va dalla fine del VII secolo a.C. al IV secolo a.C., ed è relativo al culto di Demetra e Kore; per analogia con il Santuario di Bitalemi a Gela si può pensare, anche per questo luogo di culto, ad un Tesmophorion, cioè ad un tipico santuario extraurbano sorto in un area sacra già per le popolazioni indigene, ma contemporaneo poi per un lungo periodo al Santuario che doveva sorgere all'interno dell'abitato arcaico e classico di Terravecchia, il cui materiale votivo è conservato al Paolo Orsi di Siracusa. Il carattere indigeno del Santuario di Poggio dell'Aquila è provato, oltre che dalla presenza di alcuni oggetti fittili di antica fattura locale, anche dalla peculiarità delle offerte votive datate intorno alla metà del V secolo a.C. In questo periodo, contemporaneamente cioè al "risveglio siculo" nella zona della Piana di Catania a opera di Ducezio (460-440 a.C. circa), si datano alcuni fra i migliori esemplari rinvenuti, in particolare le statuette delle peplophoroi con fiaccole e porcellino, ovvero con ceste di offerte, e i busti di notevoli dimensioni. Queste terrecotte di pregevole fattura furono probabilmente realizzate da artigiani locali per una committenza elevata. Si può quindi ipotizzare (anche se non si possiedono testimonianze delle fonti antiche) che il Tesmophorion di Poggio dell'Aquila fosse un luogo di culto frequentato e forse privilegiato dall'aristocrazia locale o da gruppi di origine sicula che conobbero un momento di particolare vitalità proprio in contemporanea con l'azione di Ducezio. Alla fine del V e nel corso del IV secolo a.C. le terrecotte si riducono a pochi esemplari, per lo più importati o tratti da archetipi siracusani, indizio probabile del controllo esercitato da Siracusa anche sui centri interni della Piana di Catania (Grammichele costituisce d'altronde un punto di passaggio fra Siracusa e Morgantina, conquistata da Dionigi I di Siracusa nel 396 a.C.).

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